lunedì 3 gennaio 2011

Lasciarsi portare

Come qulacuno tra noi puo` aver gia` scritto, questo e` un campo differente dagli altri. Gli scorsi campi l'iniziativa era nostra. C'era un progetto concreto, l'ultimazione di una costruzione utile alle persone che eravamo andati ad aiutare. Potevamo sfoderare le nostre capacita` organizzative o lavorative, ciascuno le sue. Qui invece siamo chiamati a LASCIARCI CONDURRE.
Per primo nella preghiera. La comunita` delle suore ha i suoi ritmi e i suoi tempi. Anche per le Messe "nostre" (nel senso di animate da noi, ma aperte a chiunque capisce un po' d'italiano) le possiamo organizzare nei tempi assegnati dalle suore. Poi nella scelta dei servizi e negli spostamenti lavorativi, dobbiamo lasciarci guidare dalle suore, dai volontari piu` esperti, che conoscono le necessita` e gli itinerari. Poi sul luogo di lavoro, per fare quello che ci e` chiesto, che e` possibile o che e` utile in quel momento. E questo non e` facile. Richiede la capacita` di essere attento, con gli occhi e il cuore aperti. E con la pazienza di stare anche ad aspettare o a guardare, per scorgere le necessita`.

Ieri a Nabo Jibon abbiamo potuto essere un po' piu` attivi. Si trattava di accogliere e lavare i bambini di strada. Ciascuno ha potuto assolvere un compito particolare. Chi aiutare i bambini a togliersi gli abiti sporchi, a volte rigidi dalla polvere accumulata. Chi ad insaponarli e scrostarli dalla polvere e fuliggine ed altro incrostato sui gomiti, ginocchia, piedi e capelli. Chi poteva risciacquarli con le caraffe o con la canna dell'acqua. Chi asciugarli, in una qualche maniera prima che si rivestissero dei loro poveri abiti...
Confesso il mio imbarazzo nell'avvicinare quei corpi un po' tremanti per la paura o per il freddo (il lavaggio si volgeva in una fontana simpatica, ondeggiante e dipinta [una volta] con colori vivaci e disegni allegri, e la canna dell'acqua buttava acqua a temperatura ambiente ... in una giornata fresca per noi e freddina per loro). Qualcuno dei ragazzini era piu` pudico ("vergugnus") e preferiva tenere un panno attorno alla vita e lavarsi metodicamente da solo. Altri, soprattutto i piu` piccoli, bisognava incoraggiarli e farli stare un po' fermi per scrostare bene, soprattutto le gambe. E` delicato avvicinare cosi` direttamente le persone in un'operazione cosi` intima ...
Terminato il lavaggio bambini, via con il lavaggio della fontana. E subito siamo stati coinvolti dai bambini stessi che ci hanno chiesto di giocare con loro: prenderli in giolla e scarozzarli di qua e di la` magari abbozzando un passo di danza. Bello vedere come alcuni, superando la loro timidezza, chiedevano di prendere il fratellino o la sorellina piu` piccolo\a e piu`timido\a. Altri, come dappertutto, tentavano di fare i prepotenti. E allora si trattava di non lasciarsi portare dalle loro richieste, ma dagli sguardi un po' spauriti e invitanti di altri che se ne stavano da parte. Ma non c'e` stato nessun litigio grave per accaparrarsi il volontario-cavallo. Segno che qui i "vizi" non ci sono e che non c'e` tempo di fare capricci.
Ed ecco il tempo del pranzo. Anche qui si tratta di guardarsi intorno e di lasciarsi guidare dagli sguradi o dai gesti, magari dei fratelli Missionari della Carita` o dei loro aiutanti indigeni, per prendere il secchio dei bicchieri piuttosto che la caraffa per riempirli. E via arriva subito il tempo per ritirare i coperti, congedare i bambini e mettersi a lavare i piatti, con la speranza di aver potuto comunicare un po' di gioia, di speranza a qualcuno di questi bambini. C'e` un luogo nel loro quartiere, dove sono accolti e curati, dove si cerca di offrire loro un po' di quella paternita` e maternita` che fuori manca loro. Ma quale sara` il loro futuro?

Oggi per me e` stato il secondo giorno a Prem Dan. E l'esperienza della necessita`di lasciarsi portare si e` approfondita. A cominciare dalla strada, che per me non e` ancora memorizzata.
Poi sul posto le cose erano gia` piu` familiari. Saliti sulla terrazza - stenditoio ci troviamo in tanti, tra volontari e ospiti abbastanza in gamba da lavorare. Ecco che dopo un po' mi ritrovo accanto ad un osptie che mi allunga regolarmente i calzoncini, le magliette, le federe, ecc. da stendere. Gli resto al fianco, senza agitarmi per andare ad accaparrarmi un capo bagnato da stendere sottraendolo in velocita` ad un altro volontario, magari meno svelto o piu` spaesato di me. Lo guardo e lo vedo serio in volto. Oso una frase: gli dico il mio nome e lo interrogo sul suo. Ed ecco: s'illumina, mi risponde dicendo il suo nome. Poi mi interroga lui, sulla bellezza di Calcutta e dell'India intera. Tutto contento della mia risposta entusiasta sulla bellezza del suo paese. Cosa vera, al di la` della miseria che vediamo intorno a noi.
Dopo il lavaggio del cortile e la distribuzione del the e dei biscotti, c'e` un tempo di pausa. E si puo` conoscere meglio qualche volontario o fare servizio a chi ha bisogno di essere accompagnato in qualche dove. Lavaggio dei bicchieri di metallo, questa volta diretto da una suora che sa il fatto suo. Bisogna grattarli meglio, con spugnette di plastica e lisciva in polvere abrasiva, per togliere le tracce di ossidazione e le incrostazioni vecchie. Mi ricorda la pulitura dei "bordini" delle pentole in campeggio ... prezioso allenamento, perche` la suora controlla e rimette in circolo di pulizia le stoviglie ancora gialle o nere in qualche fondo o bordo. Nel frattempo, un po' in posizione discreta, ma vicino ai lavatoi, stanno rasando due nuovi ospiti apena raccolti dalla strada. Uno di loro dopo il lavaggio e` stato curato. Aveva delle piaghe infette aperte sulle gambe. Una suora e un indigeno che faceva da infermiere, cercavano pazientemente di pulire quelle piaghe, ahi me sporche di quanto la strada puo` lasciar entrare...
E ancora, lasciandosi portare, arriva il momento della distribuzione dei piatti del pranzo, attentamente diretta da autoctoni che non riesco a capire se sono o no ospiti della casa. La logica distributiva non mi sembra la migliore. Ma ecco che sono subito richiamato alla modestia nei giudizi, perche` uno mi chiama: "Brother, come here!" e mi fa afferrare il piatto di un povero vecchietto, seduto su una sedia di plastica con braccioli, che gia`tiene un bordo del piatto, ma e` troppo debole per garantirne l'equilibrio sul bracciolo e non rovescarsi tutto addosso. E cosi` mi trovo per piu`di venti minuti, senza spazio per sedermi vicino, a contemplare il quieto pasto di questo vecchietto, che mi diventa caro. Probabilmente senza denti, mastica il riso e le verdure con pazienza e metodicita`, con grande calma. E a me di tenergli il secondo bordo del piatto, perche` lo senta suo con la sinistra e con la destra possa portarsi il cibo alla bocca. Tempo di meditare le parole del Vangelo: " Tutto quello che avrete fatto al piu` piccolo di questi mie fratelli ... " e di lasciare che il cuore si accordi con la memoria, per essere al posto giusto nel modo giusto. "Una goccia di amore vero, vale piu` di tante opere fatte con cuore vuoto" (fonte dimenticata...). Che lezione, per uno come me che si costruisce alibi correndo nelle opere apostoliche!
Accanto a lui intanto consumava con avidita` il suo pasto (fino all' ultimo chicco di riso) uno dei due nuovi arrivati della mattina. Due volte ha chiesto supplemento a chi passava per la distribuzione. Si intuisce da quanti giorni non poteva saziarsi e perche` e` indebolito tanto da non reggersi sulle gambe, pur non avendole malconce come l'altro nuovo ospite.
Terminato il piatto, con gesti lenti il vecchietto che aiutavo chiede il bicchiere. Lo aiuto a lavarsi le dita, poi si lava anche la bocca con calma e cura e infine beve. E con gesto calmo mi indica: "OK finito. Puoi portarlo via." Togliendo il piatto mi vergogno di vedere un po' di riso con salsa caduto sul pullover e sui calzoni. Si vede che mi sono distratto e non ho tenuto bene il piatto sotto la sua bocca! Lo pulisco come posso. E lo saluto. Chissa` se imparero` ad essere attento fino in fondo nel compiere il prossimo servizio, con la pazienza e la cura con la quale quel vecchietto prendeva il suo pasto?

Lasciarsi portare, ho capito, non vuol dire pero` lasciarsi portar via dalle distrazioni. Vuol dire accogliere la richiesta d'attenzione, di servizio e di cura che in quel momento ci raggiunge. Ma poi andare fino in fondo, compiendola come se fosse la prima, l'ultima, l'unica da compiere. Per Gesu`, con Gesu`, in Gesu`, a lode dell'Altissimo.
Capisco l'attenzione raccolta, profonda, delle suore in adorazione, lo sguardo proteso su Gesu` Eucaristia. Per poi essere attente e presenti al povero che curano o alla tazza da lavare con eguale cura, perche` andra` a un ospite, che e` sempre ... Qualcuno!

Se riesco a far scendere nel profondo queste lezioni evangeliche, anche se pochi, questi giorni a Calcutta non saranno una forma di "turismo alternativo", ma qualcosa di prezioso per il mio cammino di crescita personale.
Beata Madre Teresa, prega per noi!

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