giovedì 6 gennaio 2011

Visita al Lebbrosario di Titaghar

Giovedi' e' il giorno di riposo per i volontari, ma questa mattina ci siamo alzati presto lo stesso perche' ci eravamo iscritti alla gita che le suore organizzano due volte al mese al lebbrosario di Titaghar. Il pullman utilizzato non era certo come i nostri (spifferi da tutte le parte, qualche finestrino annerito, sedili un po' troppo molleggianti, ...), tutto sommato pero' poteva andarci peggio. Dopo l'appello, la suora responsabile ci ha abbandonato nelle mani dell'autista e siamo partiti. Per un lungo tratto il paesaggio fuori e' rimasto immutato, poi piano piano si e' cominciato a vedere una sorta di periferia.
Resto sempre molto colpita al vedere la differenza di abiti delle persone del luogo. Le donne indossano sari eleganti, sari sporchi e piu' semplici, oppure vestiti occidentali molto eleganti (jeans con decorazioni e camiciette intonate). Gli uomini indossano longhi (telo che si avvolgono intorno alla vita, lungo fino alle ginocchia o ai piedi) sporchi con magliettacce strappate, oppure (pochi) vestiti tradizionali un po' piu' in ordine, vestiti occidentali un po' sformati, oppure veri e propri vestiti occidentali eleganti (jeans o pantaloni scuri, camicie su misura). Mi hanno detto che qui la gente ragiona in 'caste', quindi nessun povero se la prende con i piu' ricchi perche' sa che quello e' il suo destino, ma io penso che chi ha abbandonano gli abiti tradizionali non puo' pensare secondo la tradizione. E allora costoro non si accorgono dell'immenso divario che c'e' fra loro e i loro vicini?

Arrivati al Lebbrosario (la manovra del pullman per posteggiare e' stata davvero avventurosa: siccome un camioncino che arrivava in senso inverso non voleva cedere il passo, abbiamo rischiato di restare incastrati facendo una curva e solo grazie all'aiuto di alcuni in strada e alla mostruosa abilita' degli autisti calcuttiani sono riusciti ad uscirne) dopo circa 45 minuti di viaggio, siamo stati accolti dal responsabile che ci ha subito accompagnati in una saletta di scuola. Alle pareti erano appesi dei cartelloni esplicativi sulla lebbra: diffusione nel mondo, evoluzione, metodo di contagio, diagnosi, evoluzione della malattia, ecc. Ci siamo diligentemente seduti e lui ci ha spiegato qualcosa sul lebbrosario. E' stato fondato da Madre Teresa, ma al contrario delle altra case non e' gestito dalle suore (infatti non ce n'e' nemmeno una) perche' i lebbrosi presenti sono autosufficienti, coltivano numerosi ortaggi e soprattutto filano e preparano i sari delle suore e le stoffe necessarie nelle case (lenzuola, coperte). A questo punto ci ha portati in un'altra ala del complesso dove con meraviglia abbiamo visto tantissimi telai allineati che con un rumore assordante producevano velocemente nuove stoffe e nuovi sari. Di fronte ad ogni telaio una donna per terra filava il cotone. Alla fine dello stanzone (lungo lungo e stretto) abbiamo scoperto come si costruisce la base del telaio (bisogna infilare della macchina un filo per volta!) e come vengono preparati i metri e metri di cotone che poi verranno attaccati al telaio come trama. Davvero davvero bello ed edificante!
Usciti dall'altra parte siamo saliti in un'altra auletta di scuola dove studiano i bimbi dei lebbrosi. Una ventina di loro era stata radunata per cantarci qualche canzoncina. I piu' grandi avranno avuto 6-7 anni, mentre i piu' piccoli ( e piu' numerosi) 2-3. In base alle proprie capacita' canore, mimiche e di memoria, tutti hanno partecipato allo spettacolino, cantando anche una canzoncina in italiano (ciao ciao amico) e una in giapponese. Molto carini!
Dopo aver ringraziato i bimbi abbiamo attraversato la ferrovia e siamo entrati nel laboratorio dove costruiscono le protesi. Naturalmente di trattava di una sala molto semplice, ma dalle foto appese sembrano davvero ben fatte!
E ora siamo andati a salutare alcuni pazienti (in tutto circa 450), anche qui rigorosamente divisi in cameroni per sole donne o soli uomini. Ci ha colpito moltissimo la pulizia delle stanze e delle persone, nell'aria c'era addirittura un buon profumo, niente a che vedere con l'aria di Prem Dan. Erano tutti molto contenti che facessimo loro visita e ci salutavano con grandi sorrisi, magari congiungendo mani senza dita perche' rose dalla malattia.
Siamo entrati anche nella sala di medicazione che da una nostra amica ticinese infermiera di professione e' stata definita "molto curata, fatta proprio bene, professionale". I malati in attesa lasciavano a bagno le ferite in un secchio di acqua e sapone per poter pulire la ferita, poi al loro turno un responsabile faceva uscire tutto il sangue e grattava bene i bordi della ferita, infine medicava e fasciava con cura. Anche qui non c'erano odori molesti e nessuno si lamentava, l'atmosfera era tranquilla.
Una volta salutate le donne (che hanno una loro sala di medicazione) siamo usciti e abbiamo scoperto un paesaggio meraviglioso, con tanti campi coltivati ordinatamente! Sembrava un paradiso, confronto al caos di Calcutta. Mi fanno notare il cinguettio degli uccelli. Eh gia', qui si sentivano anche gli uccelli! Ed eccoci nella casa dove tengono gli animali: pecore, capre, maiali. Ed ancora una volta netto contrasto con Calcutta: la tranquillita' di queste bestie pacifiche, e il loro odore di terra, di fattoria, di 'pulito'! Non sono mai stata tanto contenta di sentire il profumo dei maiali!!! (ho cercato di farmi lasciare li', ma purtroppo non ci sono riuscita!)
E si prosegue in giu', il terreno e' un pezzo di terra lungo e stretto che un tempo apparteneva ad un tempio buddista. Quando e' stato donato a Madre Teresa per il suo lebbrosario, lei ha fatto recintare la parte piu' importante (una grossa pietra simile ad una tomba) in modo che potesse essere ancora visitata dall'esterno. Questo spiega perche' ci sono due grandi vasche molto profonde: erano per effettuare dei riti. Una e' stata trasformata in orto, mentre l'altra e' piena d'acqua e serve sia per irrigare le coltivazioni sia per allevare pesci.

Finito il giro turistico siamo ritornati nella sala del principio dove ci e' stato offerto un ottimo te' zuccherato (finalmente senza latte) e dei biscotti che abbiamo gustato sulla terrazza lasciandoci coccolare dal sole. Ancora due parole tutti insieme: i bimbi che studiano qui vengono poi mandati fuori a frequentare scuole e collegi, poi si trovano un lavoro e non rimettono piu' piede del lebbrosario. La lebbra non e' piu' una malattia mortale, esiste un medicamento che guarisce le forme piu' leggere in 6 mesi e quelle peggiori in 2 anni. Il ritorno in societa' per chi guarisce dalla lebbra e' tuttavia non sempre evidente: se non ha nessun tipo di mutilazione viene accettato (anche se raramente nel proprio villaggio di origine), mentre se e' deformato non trova nessun tipo di accoglienza.
Le informazioni erano tante, spero di non aver tralasciato nulla.

Visto l'orario, il rientro e' stato molto piu' lungo dell'andata perche' le strade erano affollate. Siamo arrivati in Casa Madre verso mezzogiorno. Il tempo di sistemarci e poi alcuni di noi - coraggiosi - sono andati a visitare il museo indiano... con enorme delusione! Era tutto vecchio e trasandato, pieno di polvere e senza un minimo di cura. Peccato, l'idea non era male!
La Messa conclusiva celebrata per noi dal DomPa vicino alla Tomba di Madre Teresa e' stata molto raccolta, anche se purtroppo abbiamo dovuto far spostare un gran gruppo di ragazzi indiani accompagnati da un docente che inginocchiati tutt'intorno alla tomba pregava con fervore.

Bene, ora devo lasciarvi perche' mi attende il punto fisso del nostro gruppo (per tirare le fila di questo campo di lavoro) e poi cena in un ristorante asettico nel quale settimana scorsa avevamo mangiato la pizza!!! :-)

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